Sono sempre più numerosi i professionisti e le realtà non profit che si sono approcciati alla Theory of Change (Teoria del Cambiamento), quale metodologia per radicare la propria strategia a chiari risultati in termini di outcome, oltre che di output, e per potenziare la valutazione del reale impatto generato. Le recenti Linee guida ministeriali sul Bilancio Sociale e sulla Valutazione dell’Impatto, unite al convergere di molti grandi donatori – nazionali e internazionali – su approcci outcome driven l’hanno ulteriormente rilanciata e affermata.

Le premesse della Theory of Change

Non sempre però questo primo avvicinamento a una metodologia tutto sommato ancora “giovane” in Italia sta producendo i risultati sperati. Spesso la ragione è a monte. La ToC, infatti, funziona se, prima ancora di partire con il suo sviluppo:

  • è una scelta strutturale di chi guida l’organizzazione a tutti i livelli di responsabilità, dal Board allo staff (e ovviamente chi ha più potere decisionale ha più responsabilità nell’esito);
  • l’organizzazione si pone il preciso obiettivo di assumere nel tempo l’approccio della ToC come modalità di lavoro routinaria e sostiene le sue persone in questo processo;
  • la valutazione dei risultati e l’ascolto costante e attivo dei feedback di tutti gli stakeholders chiave (interni ed esterni) diviene una priorità assoluta, per consolidare un sistema di apprendimento e miglioramento continuo grazie ai riscontri che arrivano dal campo (mentalità “infinita” con visione a lungo termine).

Alcune criticità nell’implementazione di una Theory of Change

Ma anche una volta che si parte nello sviluppo e nella messa a terra della ToC occore prestare particolare attenzione ad alcuni aspetti potenzialmente critici:

  1. I rapporti fra i diversi livelli di Governance dell’organizzazione
  2. Il tempo e le risorse investite
  3. La partecipazione o meno di tutti i livelli organizzativi e degli stakeholders interni (dal Board ai giovani in stage, dall’amministrazione alla raccolta fondi, dalle risorse umane all’ufficio programmi/progetti)
  4. Lo stile di leadership delle persone coinvolte
  5. Le competenze presenti nei partecipanti (tematiche, in programmazione e in valutazione)
  6. Il confronto con stakeholders chiave esterni
  7. La chiara identificazione di responsabili del processo
  8. La gradualità della sua “messa a terra”
  9. La presenza o meno di un periodo di test dell’intero processo e di verifiche periodiche a stretto giro
  10. Il livello di digitalizzazione nella gestione dei dati sugli indicatori di risultato

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