Se si facesse un sondaggio fra gli Enti del Terzo Settore chiedendo chi al loro interno dovrebbe occuparsi di Bilancio Sociale, la mia sensazione è che la maggior parte risponderebbe che si tratta di un’incombenza che riguarda l’Ufficio o il Responsabile della Comunicazione. Il Bilancio Sociale è percepito dai più come un prodotto editoriale, una brochure istituzionale. E così quello che succede è che la Comunicazione per qualche settimana o mese farà pressione su tutti gli altri uffici e dipartimenti affinché forniscano i contenuti necessari, con grande fastidio di tutta l’organizzazione, che “ha ben altro di cui occuparsi”.

Con l’entrata in vigore delle Linee Guida ministeriali, poi, questo fastidio si è ulteriormente appesantito, sia per la necessità di adeguarsi alle disposizioni di legge, dovendo quindi cambiare prassi e abitudini consolidate negli anni, sia perché molti ETS fino a quel momento non si erano mai posti il problema di redigere un Bilancio Sociale, non essendo obbligati a farlo.

Una questione culturale e di governance

Questo atteggiamento è naturalmente comprensibile e nasce da un problema di fondo: chi governa gli ETS per lo più la pensa così. E – come sappiamo tutti bene –, la cultura di un’organizzazione dipende primariamente ed essenzialmente da chi la governa, a tutti i livelli.

Ma che cos’è esattamente un Bilancio Sociale? È certamente un prodotto editoriale di comunicazione istituzionale, ma questo a ben vedere è del tutto secondario, per quanto non irrilevante.

Perché il Bilancio Sociale è un’occasione di crescita continua e unica

Gli ETS hanno bisogno di un Bilancio Sociale per:

Narrare l’azione sociale in tempo di crisi: in un periodo storico di scarsa coesione sociale e che fatica a darsi prospettive di futuro, un documento che narri cosa si è realizzato è un segno importante. Significa che esistono persone, volontarie e professioniste, che hanno un’idea di futuro, un sogno da realizzare, una passione forte che li spinge ad agire per il bene comune. E che ce la possiamo fare, anche fra mille difficoltà.

“Fermare il tempo”: concediamoci di guardare con attenzione a quanto abbiamo realizzato, fuori dalle urgenze quotidiane e dalla routine lavorativa (la “ruota del criceto”). Prendiamo consapevolezza, condividiamola. Sedimentiamo il valore generato, sulla cui base aprirci a nuove sfide. Ce lo meritiamo!

Dare valore ai risultati: diamo la misura e il valore di tutto ciò che abbiamo fatto,
dei cambiamenti che abbiamo generato o contribuito a innescare, evitiamo di perdere momenti, successi, passaggi importanti che hanno segnato la nostra storia e facciamoli diventare patrimonio di tutta l’organizzazione, non solo di chi ci ha lavorato direttamente. Peraltro, sempre di più il sistema di contributi pubblici e privati sarà ancorato alla capacità di dimostrare l’impatto.

Dare valore ai portatori di interesse: non saremmo mai arrivati dove siamo
con le nostre sole forze. Lavoratori, donatori, soci, volontari, istituzioni, partner, media… tutti coloro che hanno fatto un pezzo di strada con noi meritano di fare parte del nostro racconto. È prendersi cura della partecipazione interna ed esterna, della relazione.

Essere trasparenti: il rapporto di fiducia con i nostri interlocutori non è “dovuto”, si costruisce e si consolida anche grazie alla nostra capacità di raccontarci con chiarezza, completezza e onestà e di ascoltare e condividere quello che gli altri dicono di noi.

Fare sempre meglio: dichiarare anche i limiti, le cose che non sono andate come speravamo, per focalizzare insieme le criticità e mettere in atto azioni di miglioramento. E chiedere aiuto per arrivare dove non si è ancora arrivati.

Consolidare l’identità: dare conto del sistema di valori e principi di riferimento e della loro declinazione nelle  scelte strategiche come nei comportamenti  gestionali.

Per ottenere questi risultati, va da se che occorre investire risorse adeguate e coinvolgere persone competenti ed esperte, altrimenti ci prendiamo in giro.

A voi la scelta

Naturalmente si può continuare a vivere il Bilancio Sociale come un’incombenza burocratica da togliersi di torno il prima possibile. Dedicandoci poco tempo e risorse scarse e residuali. Ma consapevoli che si sta perdendo un’occasione enorme per fare crescere ogni anno la propria organizzazione e le proprie persone.

[Fonte foto: 愚木混株 cdd20 su Unspalsh]

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